Analisi Transazionale
Perché l’Analisi Transazionale è un approccio psicoterapeutico (e non solo) brillante
L'Analisi Transazionale (da ora in poi anche AT) è una teoria psicologica e un approccio di psicoterapia che, pur basandosi sui principi filosofici della Psicoanalisi, fa uso di concetti concreti e tangibili.I teorici dell’AT hanno esplicitamente scelto di usare un linguaggio semplice e comprensibile per descrivere i comportamenti e i processi psicologici umani. Hanno dato meno attenzione alle speculazioni teoriche e agli elementi inconsci e maggiore attenzione a ciò che è osservabibile e alle spiegazioni che “funzionano e servono”.
In questo articolo vorrei offrire una presentazione introduttiva e divulgativa dell’Analisi Transazionale a beneficio dei “non addetti ai lavori”.
Come al solito, intendo utilizzare un linguaggio semplice e divulgativo con lo scopo di offrire una panoramica iniziale a quanti non hanno mai sentito parlare di Analisi Transazionale o ne sanno molto poco. Di conseguenza, non affronterò gli aspetti di approfondimento e più complessi della teoria AT.
Un approccio che rispecchia il pragmatismo americano
L’AT è stata introdotta dallo psicologo americano Eric Berne negli anni ’50 dello scorso secolo con l’idea di introdurre un sistema psicologico accessibile ai più e che potesse rendere facilmente comprensibile gli aspetti più importanti dei rapporti interpersonali e del funzionamento individuale e di gruppo.
Anche se le idee di Berne si sono inizialmente basate su quelle di Sigmund Freud, col passare degli anni Berne se ne è gradualmente allontanato. Berne era infatti maggiormente interessato a ciò che può essere effettivamente osservato nel funzionamento psicologico tra le persone piuttosto che alle fantasie inconsce del singolo individuo.
L’AT nasce dunque con una vocazione altamente relazionale e con la dichiarata intenzione di aiutare concretamente le persone ad essere più armoniose con se stesse e con gli altri.
Aspetti autobiografici
La mia passione per l’AT è iniziata all’università. Durante i miei studi universitari – correvano i lontani anni Novanta – mentre da un lato approfondivo i diversi approcci teorici psicologici, dall’altro riflettevo e osservavo me stesso e gli altri per cercare di farmi un’idea di “prima mano” circa il funzionamento psicologico dell’essere umano. Insomma cercavo di farmi un’idea mia.
Tra le diverse osservazioni maturate in quegli anni, e che poi hanno influenzato il mio cammino personale e professionale successivo, una riguardava il funzionamento per così dire “compartimentato” che le persone – me stesso incluso – esibivano. Potei osservare che c’erano tre modalità principali secondo le quali le persone funzionavano:
- C’era il funzionamento orientato al qui-e-ora, caratterizzato dalla capacità di valutare i fatti in modo lucido e di scegliere in modo costruttivo. Chiamai questa modalità “adulta”.
- Altre volte invece le emozioni del passato mi influenzavano grandemente e in modi che poi, in un momento di calma successivo, riconoscevo come esagerati e fuorvianti. Io, come molte altre persone, mi ritrovavo a indulgere in sentimenti di paura o di colpa, oppure mi arrabbiavo con me o con altre persone, altre volte ancora mi sentivo triste per motivi che non avevano niente a che fare con il qui-e-ora. In questi momenti diventavo irragionevole con me e con gli altri, ma riconoscevo questi atteggiamenti come transitori. Chiamai dunque questo tipo di funzionamento: “modalità del bambino”.
- Infine osservai che altre volte funzionavo a partire da una “modalità genitore”. Quando entravo in questa modalità agivo a partire dalle regole, mi imponevo dei comportamenti – anche molto faticosi – oppure giudicavo e fornivo consigli (non sempre richiesti, a dire la verità) ad altre persone. Oppure mi prendevo cura di altre persone ma sempre secondo una modalità che riconoscevo come “genitoriale”.
Da solo, senza aver letto nulla di Analisi Transazionale, ero giunto da me (e usando gli stessi vocaboli per giunta) ai concetti cardine dell’AT, ossia alle idee di Stati dell’Io Adulto, Bambino e Genitore (scritti con l’iniziale maiuscola).
Una teoria della personalità
Secondo l’AT vi sono dunque tre Stati dell’Io principali, attraverso i quali l’individuo manifesta la propria personalità:
- Genitore: lo Stato dell’Io in cui le persone si comportano, sentono o pensano allo stesso modo delle proprie figure genitoriali (o come hanno interpretato che loro facessero). Ad esempio, una persona sotto stress può gridare contro un’altra persona perché ha imparato da un genitore che questo è il modo di fare per ottenere attenzione.
- Aulto: lo Stato dell’Io in cui le persone si comportano, sentono e pensano in base a ciò che sta avvenendo nel momento presente.
- Bambino: lo Stato dell’Io in cui le persone si comportano, sentono o pensano secondo le modalità che avevano da piccoli. Ad esempio, una persona che riceva un rimprovero può rattristarsi e ritirarsi proprio come faceva da piccolo quando veniva sgridato. Ma anche: una persona può rispondere ad una lode con un grande sorriso, proprio come faceva da bambino.
Siccome nell’AT si fa gran uso di grafici, vi propongo la rappresentazione grafica dei 3 Stati dell’Io:
Le iniziali maiuscole indicano che ci si riferisce agli Stati dell’Io: Genitore, Adulto o Bambino (o per brevità: G, A, B). Quando invece le stesse parole vengono utilizzate con l’iniziale minuscola, ci si riferisce ad un genitore, ad un adulto o a un bambino della vita reale.
Osservando il comportamento di una persona si scoprono suddivisioni ulteriori degli Stati dell’Io.
Lo Stato dell’Io Genitore si suddivide in:
- Genitore Normativo, in cui la persona assume il ruolo normativo: dà le regole e dice cosa fare (ad esempio: il medico che dice al paziente di smettere di fumare). Oppure, nel suo aspetto negativo, critica in modo distruttivo e biasima (ad esempio: il professore che urla all’alunno “Sei il solito asino!”).
- Genitore Affettivo, in cui la persona offre incoraggiamento e accoglienza (ad esempio: offrire il proprio aiuto ad un nuovo collega d’ufficio) o, nel suo aspetto negativo, iperprotegge o accoglie in modo condizionato (ad esempio: la madre che “soffoca” di attenzioni il proprio figlio senza accertarsi che le sue attenzioni siano desiderate).
Lo Stato dell’Io Bambino si suddivide in:
- Bambino Adattato, in cui la persona si comporta come quando da bambino reagiva alle regole e alle esigenze degli altri per essere accettato nel mondo. A volte i comportamenti del Bambino Adattato sono ancora oggi funzionali e positivi (ad esempio: guardare prima di attraversare), a volte invece sono disfunzionali (ad esempio: spaventarsi a morte per un giudizio, oppure mettere il broncio quando non si ottiene ciò che si vuole).
- Bambino Libero, in cui la persona si comporta come quando da bambino agiva spontaneamente senza prestare attenzione alle regole o ai limiti genitoriali. Anche i comportamenti del Bambino Libero possono essere produttivi (ad esempio: riposarsi, dipingere, mostrare la propria tristezza quando il contesto è adeguato), oppure negativi (ad esempio: mangiare con le mani ad un pranzo di gala, oppure guidare l’auto ad una velocità eccessiva).
I grafici e i concetti della Analisi Transazionale sono delle mappe molto efficaci per descrivere il territorio umano. In questo senso l’AT è una teoria che descrive la personalità degli individui in base agli Stati dell’Io e alle loro suddivisioni. La personalità della persona viene descritta in termini chiari, pratici e dettagliati in base agli Stati dell’Io che utilizza.
I diversi autori hanno progressivamente reso le mappe dell’AT più dettagliate individuando successive suddivisioni degli Stati dell’Io. Non intendo affrontare gli ulteriori livelli di complessità della teoria AT circa gli Stati dell’Io. Andrei oltre gli scopi introduttivi di questo articolo. Perciò, per chi volesse approfondire gli aspetti teorici dell’AT, consiglio il manuale, chiaro e esauriente: “L'analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani” di Ian Stewart e Vann Joines.
Una teoria della comunicazione
L’AT è una teoria psicologica che pone molta attenzione a ciò che le persone fanno quando comunicano. L’idea base è che le persone possono comunicare in molti modi diversi a seconda degli Stati dell’Io che utilizzano.
Facciamo un esempio: un manager utilizza lo Stato dell’io del Genitore e rimprovera un proprio dipendente: “Come al solito! Sei ancora in ritardo!”. Il dipendente risponde dal Bambino sottomettendosi: “Mi dispiace!”. L’AT descrive graficamente questo scambio di battute (chiamate “transazioni”) in questo modo:
Questa è una “transazione complementare” e, afferma l’AT, fintantoché le transazioni sono complementari, la comunicazione può continuare allo stesso modo all’infinito. E’ possibile immaginare che probabilmente le due persone continueranno similmente (il manager rimproverando e il dipendente sottomettendosi) per molto tempo.
Ma il dipendente, invece di sottomettersi, potrebbe anch’egli utilizzare il proprio Genitore e rispondere in modo arrabbiato: “Mi fai sempre notare le mie mancanze, ma perché non badi ai tuoi difetti?”. Graficamente:
Questa è una “transazione incrociata”. E non promette nulla di buono! I due probabilmente potrebbero dare l’avvio ad una discussione. Potrebbero ad esempio inscenare una escalation dai toni sempre più intensi e dagli esiti distruttivi per entrambi. I due potrebbero offendersi verbalmente a vicenda, potrebbero alzare il tono della voce fino divenire “poco civili”, potrebbero venire alle mani, etc. Nel linguaggio dell’AT, le due persone realizzano un “gioco psicologico”, ossia una serie di transazioni che conducono all’esito per cui dopo si sentono arrabbiate, offese o deluse e si tengono a distanza.
Vi è mai succeso di giocare ad un “gioco psicologico”? … La domanda è retorica: tutti giocano dei “giochi psicologici”. Esistono però dei grandi giocatori e dei piccoli giocatori. Uno degli obiettivi dell’AT, sia che abbia a che fare con un paziente in psicoterapia sia che si occupi delle relazioni tra gli impiegati di una organizzazione aziendale, è aiutare le persone a smettere di “giocare” o, per lo meno, a farlo il meno possibile.
Per chi desideri approfondire l’aspetto dei “giochi psicologici” consiglio il libro "A che gioco giochiamo?" . E’ un libro divertente e leggero, scritto dallo stesso Eric Berne, che descrive un gran numero di “giochi psicologici” che le persone solitamente mettono in atto.
Ma torniamo al nostro esempio. Il dipendente invece di rispondere dal Bambino o dal Genitore, potrebbe rispondere dall’Adulto, ad esempio facendosi una risata e dicendo: “Mi sembri proprio arrabbiato oggi, mi sbaglio?”. Graficamente:
Anche questa è una transazione incrociata, ma, a differenza della precedente, la risposta del dipendente è una transazione Adulto-Adulto, ossia parte dallo Stato dell’Io Adulto del dipendente ed è rivolta allo Stato dell’Io Adulto del manager. Questo è ciò che si vuole stimolare in AT: una comunicazione tra pari che sia il più costruttiva possibile. Il dipendente, incrociando la comunicazione con una transazione Adulto-Adulto, stimola il manager a rispondere a propria volta dall’Adulto. Nel nostro esempio, il manager potrebbe sorridere e dire: “Sì, hai ragione sono un po’ nervoso, tuttavia ho bisogno di affrontare davvero la questione dei ritardi”. E la comunicazione potrebbe continuare costruttivamente in modo Adulto-Adulto.
Il tutto però è complicato dal fatto che l’essere umano può comunicare da due Stati dell’Io contemporaneamente. Ad esempio, il nostro manager potrebbe aprire la transazione dicendo a parole: ”Mi piacerebbe che fossi puntuale” in un modo apparentemente Adulto. Al contempo, il tono della voce elevato, le sopracciglia aggrottate e il dito della mano puntato indicherebbero una transazione Genitoriale dal punto di vista non-verbale.
In questo caso il manager sta inviando due messaggi contemporaneamente, un messaggio esplicito ed uno implicito. Ciò è un esempio di “transazione duplice”, che si rappresenta graficamente così:
Il manager in questa ipotesi è Adulto solo a parole (messaggio sociale) mentre nei fatti (messaggio psicologico) è Genitoriale. E secondo voi il dipendente si sente stimolato a rispondere in modo costruttivo e Adulto? Ovviamente no. Il messaggio psicologico, quello che si basa sulla comunicazione non verbale e che è diretto al Bambino del dipendente, è quello che verrà maggiormente recepito. Il dipendente tenderà dunque a rispondere dal Bambino, o a difendersi dal Genitore.
Se il dipendente si accorge della “linea traggeggiata”, se è così consapevole da rendersi conto che il manager sta agendo una critica Genitoriale che non ha a che fare interamente con il qui-e-ora della situazione (ad esempio il manager può star copiando il modo di fare critico del proprio padre), potrà scegliere di non offendersi e di fare qualcosa di più costruttivo rispondendo dall’Adulto.
L’AT è dunque una potente teoria della comunicazione che permette di descrivere e valutare le interazioni tra le persone. L’AT permette inoltre di intervenire per stimolare le misure correttive in tutti i contesti dove vi siano delle persone che hanno bisogno di collaborare per giungere ad un obiettivo condiviso. Di conseguenza, oltre agli interventi di psicoterapia individuale, di coppia e familiare, l’AT è utile per effettuare interventi di consulenza in grandi o piccole organizzazioni, quali le scuole, le associazioni, le aziende, e così via.
Quando qualcosa va storto: l’AT come teoria psicopatologica
Può capitare – e in realtà capita di frequente – che si scambi un modo di fare, un’emozione o un pensiero appartenenti al Genitore o al Bambino come se fossero una risposta al qui-e-ora, ossia una risposta Adulta. In pratica si considera erroneamente un contenuto del Genitore o del Bambino come se fosse un contenuto dell’Adulto. Quando questo avviene si dice che l’Adulto è “contaminato” dal Genitore o dal Bambino.
Ad esempio, una persona potrebbe aver acquisito dal proprio padre il messaggio che questi ripeteva in continuazione: “Non ci si può mai fidare di nessuno”.
Se oggi la persona scambia questo pensiero per una verità assoluta, ossia se considera questo messaggio sempre vero in ogni contesto e con ogni persona, smette di utilizzare la capacità dell’Adulto di rapportarsi con il presente, di verificare e di riflettere sui dati di realtà e assume la credenza Genitoriale come fosse un dogma. Questo viene rappresentato graficamente nel seguente modo:
Ovviamente le persone possono avere un Adulto poco contaminato, mediamente contaminato o molto contaminato, e questo fa la differenza tra una lieve difficoltà, una normale difficoltà psicologica e un disturbo psicologico. Graficamente:
Talvolta le persone scambiano una esperienza infantile per la realtà di oggi. Ad esempio una persona che da bambina si sentiva spesso intimidita perché sua madre o suo padre la sgridavano spesso, da grande può sentirsi intimidita con i colleghi di lavoro e immaginare che questi la stiano criticando anche quando questo non accade. Con il proprio Stato dell’Io Bambino la persona rivive nell’oggi un sentimento di imbarazzo e in base a questo sentimento attiva delle fantasie secondo le quali gli altri la criticano e finisce per dirsi: “Io non piaccio agli altri”. Se la persona con il proprio Stato dell’Io Adulto non coglie che queste emozioni, fantasie e credenze appartengono al passato ma le considera una plausibile risposta al qui-e-ora, allora il suo Adulto è contaminato dal Bambino. Graficamente:
Lo Stato dell’Io dell’Adulto delle persone è di solito contaminato contemporaneamente dal Genitore e dal Bambino.
Le patologie più gravi però sono quelle in cui le persone non possono utilizzare completamente uno o più Stati dell’Io (situazioni chiamate “esclusioni”).
Per riassumere, nelle difficoltà e nei disturbi psicologici – “contaminazioni” o “esclusioni” in AT – la persona scambia ciò che sta vivendo nel presente (le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue reazioni fisiche e i suoi comportamenti) come se fosse una risposta giustificata dagli eventi del momento presente, mentre di fatto sta rivivendo e riproponendo una esperienza imparata nel passato. La persona in sede di esame si spaventa anche se è preparata, al supermercato diventa sospettosa anche quando nessuno la sta imbrogliando, nelle relazioni ritiene di dover dipendere da qualcuno anche se oggi in realtà avrebbe le capacità per essere autonoma, sul lavoro ha delle crisi di rabbia non completamente giustificate dalle condizioni del momento, e così via.
Quando le persone si trovano ad avere il proprio Adulto “contaminato” (o peggio ancora “escluso”), sviluppano dunque i diversi sintomi dei disturbi psicologici, che vanno dai disturbi ansiosi e depressivi fino ai disturbi più gravi di natura psicotica. Ogni disturbo psicologico è dunque una stortura temporale, ossia riviamo nell’oggi degli eventi passati scambiandoli per attuali.
Una teoria dello sviluppo infantile
L’AT descrive come le persone crescono e si sviluppano strutturando i propri Stati dell’Io. Tutti noi, infatti, durante l’infanzia e l’adolescenza costruiamo i nostri Stati dell’Io Adulto, Genitore e Bambino in base alle reali interazioni con “i grandi”.
Da bambini riceviamo in continuazione da parte dei genitori dei messaggi che riguardano ciò che è bene fare, come è il mondo, quanto (tanto o poco) valiamo noi e il nostro prossimo. “Va bene lavarsi i denti”, “Smetti di fare rumore”, “Fai come tuo fratello”, “E’ pericoloso parlare con gli sconosciuti”, etc.. In base a questi messaggi prendiamo le nostre “decisioni” su di noi, sugli altri e sul mondo.
Ho messo tra virgolette la parola “decisione” perché ovviamente da bambini non prendiamo decisioni nel modo razionale e riflessivo con cui (si spera) lo facciamo da adulti. Ad esempio, se da bambini quando disubbedivamo nostra madre urlava, forse abbiamo “deciso” – senza per forza direcelo esplicitamente in modo verbale e ragionato, ma comunque in un modo molto efficace – che era meglio “rigare dritto”. Le “decisioni” prese da bambino rappresentano il cuore del nostro modo di vedere il mondo e noi stessi e influenzeranno il nostro modo di comportarci, pensare e sentire per tutta la vita.
Tali “decisioni” agiscono in modo automatico. Talvota da adulti, specie in condizioni di stress, prima ancora di considerare coscientemente una situazione, ci ritroviamo a sentire, a pensare e a comportarci in modi automatici e non intenzionali. Degli esempi potrebbero essere: cercare di fare le cose sempre in modo perfetto, passare all’azione prima ancora di riflettere, evitare le situazioni difficili, sbrigarsi a tutti i costi, tenersi lontano dalle persone, compiacere le persone, e così via.
Le diverse decisioni che una persona prende durante il suo periodo di sviluppo vanno a costituire un “copione di vita”, ossia un piano prefissato che la persona tenderà a seguire durante la propria esistenza senza rendersene conto.
I “copioni” possono essere molto diversi tra loro. Vi sono dei copioni “vincenti”, dei copioni “neutri” e dei copioni “perdenti”. Ma le persone possono aver costruito “copioni” diversi a seconda dei diversi ambiti di vita. Ad esempio, una persona può aver deciso di essere un “vincente” dal punto di vista delle capacità intellettuali (forse i suoi genitori davano molta importanza al lavoro intellettuale), di essere un “perdente” nella relazione con gli altri (magari perché ha sperimentato un genitore rifiutante ed ha deciso che era meglio chiudersi piuttosto che rischiare di essere ancora ferita), di essere un “vincente” nel mondo del lavoro e delle prestazioni (perché veniva sempre rinforazata quando otteneva un buon voto a scuola), ma di essere un “perdente” dal punto di vista fisico (perché veniva ignorata dai genitori e presa in giro dai coetani quando faceva qualcosa di “sportivo”).
Le “decisioni” infantili che costituiscono il “copione” rappresentano le migliori strategie che la persona ha potuto individuare quando era piccola per potersi adattare ed essere accettata in base alle condizioni di vita di allora. Quelle “decisioni”, e quel “copione”, gli hanno permesso di sopravvivere – e talvolta di vivere piuttosto bene.
Da adulto tuttavia le strategie del “copione” possono essere riduttive, rigide e disfunzionali rispetto alle esigenze attuali. Per riprendere l’esempio precedente, oggi potrebbe non essere utile adottare sempre strategie intellettuali per affrontare i problemi, oppure potrebbe non essere necessario primeggiare nel mondo del lavoro per sentirsi bene. Inoltre potrebbe essere frustrante non avere relazioni intime e non godere delle attività fisiche e sportive.
Per fortuna il “copione” può essere modificato. Il primo passo per fare questo consiste nell’esplorarsi e riflettere su di sé al fine di riconoscere il proprio “copione” e le “decisioni” che lo compongono. Il secondo passo è quello di scegliere di interrompere le modalità copionali automatiche. Il terzo passo consiste nell’affrontare le difficoltà che derivano dal cercare di interrompere le modalità copionali (sentimenti di ansia, depressione, confusione, etc.). Infine la persona avrà bisogno di apprendere nuove modalità di essere e di agire al di fuori del “copione”.
Qualsiasi copione può essere cambiato. Naturalmente questo cambiamento può essere raggiunto con magior agio ed efficacia seguendo un percorso di psicoterapia AT.
Aspetti autobiografici (2)
Erano gli anni ’90 ed io frequentavo l’ultimo anno della facoltà di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma. Ero felice di terminare il ciclo universitario di studi tuttavia ero insoddisfatto del tipo di conoscenze che avevo maturato durante i cinque anni di Psicologia. Il corso di studi era stato infatti troppo teorico per me che volevo attivamente fare della psicologia uno strumento di aiuto concreto.
Nel mio quinto anno decisi di frequentare il corso di “Teoria e tecnica del colloquio psicologico” con il Professor Pio Scilligo. Fui molto felice della natura pratica e esperienziale del corso ma, soprattutto, grande fu la mia soddisfazione nell’incontrare un docente preparato, accogliente ed efficiente al tempo stesso.
Pio Scilligo era professore, psicologo e psicoterapeuta. Aveva anche fondato una scuola di specializzazione di psicoterapia, l’IFREP, che integrava (e tuttora integra) i diversi approcci di psicoterapia esistenti con una particolare attenzione all’Analisi Transazionale.
Con il senno di oggi posso affermare che Pio Scilligo durante le lezioni all’università incarnava gli aspetti positivi dei diversi Stati dell’Io e relative suddivisioni (si veda sopra):
- Dal punto di vista del Genitore Normativo positivo, il prof. Scilligo si rapportava a noi dandoci giuste e chiare regole per seguire il suo corso con profitto.
- Dal punto di vista del Genitore Affettivo positivo, il professore dava il meglio di sé allorché accoglieva con calore e incoraggiamento se qualche studente si mostrava intimidito.
- L’Adulto di Pio Scilligo era ben visibile e presente per la maggior parte del tempo: il professore dava segno di essere a proprio agio nel contesto in cui ci trovavamo, sapeva condurre la lezione tenendo la direzione e contemporaneamente mantenendo un dialogo aperto con gli studenti. Il professore era inoltre particolarmente efficiente: fu con lui che vidi per la prima volta un docente utilizzare durante un corso d’aula un computer portatile per proiettare delle slide. Negli anni ’90 questo era fantascienza! E il professore univa questa efficienza con l’amorevolezza di chi sposa profondamente il credo AT: “Io sono OK, tu sei OK”. Basti pensare che ci fece trovare, alla prima lezione, le fotocopie delle slide che avrebbe proiettato durante le lezioni del corso, in modo di permetterci di concentrarci su quanto veniva detto durante le lezioni piuttosto che sull’attività di copiare quanto veniva proiettato. Quanta premura! Quanta attenzione per l’altro, anche se era un “povero” studente…
- Il professore era nel suo Bambino Adattato positivo allorché veniva in classe puntualmente, correggeva i nostri esami in tempo e preparava le lezioni con cura.
- Il Bambino Libero positivo del professore emergeva nei suoi sorrisi, nella sua gioia e nel piacere che mostrava nel tenere lezione e parlare, specie nei colloqui individuali, con gli studenti. In questo modo operava da modello trasmettendoci la gioia dell’apprendere.
Con un tale modello, quando venne il momento di scegliere la scuola di specializzazione fu naturale per me optare per la scuola fondata da Pio Scilligo ad orientamento Analitico Transazionale integrato (scelta di cui vado ancora particolarmente orgoglioso). Tanto più che personalmente avevo già maturato, attraverso la mia osservazione personale, una visione della personalità umana basata sugli assunti dell’AT degli Stati dell’Io.
L’AT come approccio di psicoterapia
Nella pratica della psicoterapia Analitico Transazionale, specie nelle prime sedute, si fa molta attenzione a individuare un chiaro obiettivo condiviso tra psicoterapeuta e paziente. Il paziente precisa chiaramente quali sono i cambiamenti che vuole fare e quanto è disposto a investire in termini di tempo, di denaro, di energie e di impegno quotidiano per effettuare tali cambiamenti.
Spetta al paziente, non al terapeuta, decidere cosa vuole dalla propria vita. Lo psicoterapeuta, al più, aiuta il paziente a definire un obiettivo realizzabile, specifico, osservabile e sicuro. Questo atteggiamento deriva dalla convinzione di base della filosofia AT che tutte le persone abbiano la capacità di pensare e che, di conseguenza, ciascuno sia responsabile per la propria vita. Se la persona è disponibile a usare le proprie energie per impegnarsi a cambiare, allora lo psicoterapeuta può aiutarla mettendole a disposizione il proprio bagaglio di capacità relazionali e di competenze professionali.
Di base, la psicoterapia AT ruota attorno ai concetti di “decisioni” infantili e di “copione”.
Come detto in precedenza, secondo la teoria AT, i bambini, a partire dai messaggi che ricevono dalle proprie figure genitoriali, prendono, in base alle facoltà mentali in via di sviluppo, le “decisioni” che andranno a costituire il “copione” di vita della persona.
Il copione di ogni persona si compone di “decisioni” su di sé (sono sbagliato, sono in gamba, etc.), sugli altri (persecutori, accoglienti, etc.), sul mondo (è un luogo pericoloso, sicuro, etc.) e, soprattutto, su cosa c’è da fare per sopravvivere.
Queste decisioni, lì-e-allora, ossia durante l’infanzia, sono state delle ottime strategie per adattarsi all’ambiente che ci circondava. Però oggi, se si traducono in rigide modalità di comportarsi, di pensare e di provare emozioni, possono essere controproducenti. Oggi si trasformano in contaminazioni dello Stato dell’Io Adulto che fanno sì che la persona risponda alle situazioni presenti come se fosse ancora immerso nelle proprie vicende infantili.
Decisioni quali: “Ho capito che se mostro le mie emozioni verrò punito, quindi mi chiuderò in me stesso”, o “Farò ciò che desiderano gli altri in modo tale che non se ne andranno e mi vorranno bene” rappresentano delle strategie che producono nella vita adulta notevoli problemi con gli altri. La capacità Adulta di stare con i dati di realtà è contaminata dal passato e la persona diviene incapace di esprimersi autenticamente (nel primo caso) o eccessivamente compiacente (nel secondo caso).
Il percorso di psicoterapia dell’AT consiste nel divenire consapevoli delle “decisioni” alla base del proprio “copione” con lo scopo di modificarle in base alle esigenze odierne. Per far questo l’AT aiuta la persona sui diversi piani esistenziali dell’essere umano, ossia intervenendo dai punti di visti cognitivo, emotivo e comportamentale.
In altre parole durante una psicoterapia AT si affrontano:
- I pensieri e le convinzioni della persona. La persona è stimolata a riflettere sulle proprie convinzioni attuali in modo da cogliere le proprie “decisioni” infantili.
- Le emozioni. La persona viene incoraggiata a entrare in contatto con le proprie emozioni al fine di discriminare le proprie emozioni autentiche e attuali dalle emozioni ereditate dal passato, che in nel linguaggio AT sono chiamate “emozioni parassite”.
- I modi di fare e le condotte relazionali della persona, con lo scopo di sviluppare nuovi e più liberi comportamenti. La terapia AT infatti non è solo orientata allo sviluppo della consapevolezza di sé e della natura dei propri problemi, ma tende, anche e soprattutto, ad un cambiamento comportamentale positivo. La comprensione di sé è dunque un mezzo da utilizzare nel processo del cambiamento piuttosto che un fine in se stessa.
Lo psicoterapeuta stimola il paziente ad esaminare gli schemi tipici del suo comportamento, delle sue emozioni e dei suoi pensieri. Lo aiuta a individuare le proprie strategie infantili degli Stati dell’Io Bambino e Genitore e lo incoraggia ad individuare e a sperimentare delle opzioni più efficaci per lui come persona adulta. Quando lo Stato dell’Io Bambino del paziente comincia a sentirsi spaventato dei cambiamenti, lo psicoterapeuta lo sorregge e gli ricorda i motivi per cui sta cercando un cambiamento.
Nel lavoro psicoterapeutico il terapeuta AT usa naturalmente la teoria e le strategie di intervento della AT. Però, poiché l’AT possiede un quadro teorico molto solido e coerente, il terapeuta AT può anche utilizzare idee e tecniche che, sebbene siano state inizialmente sviluppate in seno ad altri approcci psicoterapeutici, risultano essere utili nell’aiutare la persona a “uscire dal proprio copione”.
Di conseguenza usualmente uno psicoterapeuta AT dispone di un ampio insieme di tecniche e di strumenti derivanti da altri approcci. Io, ad esempio, oltre alle strategie e alle tecniche AT, faccio uso di tecniche derivanti dai più diffusi approcci psicoterapeutici, quali: il Cognitivo-Comportamentismo, la Gestalt, l’Emotion Focused Therapy, la Rational Emotive Behavior Therapy e l’EMDR.
Perché l’Analisi Transazionale è un approccio brillante
Quanto sopra riportato rappresenta una piccola parte della teoria dell’AT. Altri concetti importanti dell’AT sono ad esempio: la “strutturazione del tempo”, le “carezze”, le “posizioni di vita”, le “ingiunzioni”, le “controingiunzioni”, la “svalutazione”, la “simbiosi”, le “emozioni parassite”, i “buoni premio”, etc., tutte nozioni importanti e utili che invito il lettore più interessato ad approfondire nel già citato libro: “L'analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani” di Ian Stewart e Vann Joines. In questo libro il lettore troverà non solo un manuale di teoria ma anche, e soprattutto, un libro di auto-aiuto composto da numerosi esercizi che vengono proposti alla fine di ogni capitolo con lo scopo di stimolare una comprensione e un cambiamento concreti.
Considerando quanto sopra riportato, si può a ragione affermare che l’AT sia un approccio psicologico molto ricco. L’AT infatti è al tempo stesso:
- Una teoria della personalità. L’AT, in base ai concetti di stati dell’Io (Genitore, Adulto, Bambino) aiuta a capire come le persone sono strutturate e funzionano.
- Una teoria della comunicazione. L’AT descrive le diverse modalità che gli individui possono utilizzare per comunicare tra loro, costruttivamente o distruttivamente.
- Una teoria della psicopatologia. L’AT spiega come le persone utilizzano “decisioni” e “copioni” distruttivi.
- Una teoria dello sviluppo infantile. L’AT descrive come gli individui sviluppano le proprie credenze, le proprie emozioni tipiche e i propri comportamenti abituali strutturando un “copione” che tende a riproporsi per tutta la vita.
- Un approccio di psicoterapia utilizzato per il trattamento di disturbi psicologici di ogni tipo, dai lievi disagi della vita quotidiano, ai disturbi psicotici. L’AT può essere utilizzato come approccio per la psicoterapia individuale, di coppia, di gruppo e familiare.
In altre parole e in estrema sintesi, è un approccio teorico e pratico molto ampio che può aiutare a risolvere le problematiche che incorrono laddove vi siano da capire le persone e le relazioni tra di esse.
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