Adriano Stefani Psicologo

Come trovare la propria vocazione

Stai facendo quello che ti piace e ti realizza nella vita?

Come trovare la propria vocazione
(Dedico questo articolo a mio figlio Noè, che è al liceo e si sta preparando ad essere “grande”. Gli auguro con tutto il cuore di trovare in sé la saggezza per scoprire la propria vocazione, il coraggio per scegliere la propria autentica strada e la forza per percorrere questa strada affrontandone le inevitabili difficoltà).

 

Il lavoro psicologico su di sé si divide in due grandi filoni: la scoperta di sé e la gestione di sé.
 
La “scoperta di sé” consiste nell’individuare in se stessi i propri desideri e i propri principi autentici, liberi dalle influenze e dalle aspettative della società e dei genitori che, pur con le migliori intenzioni, talvolta hanno portato fuori strada, o meglio, fuori dalla propria strada.
 
Ciascuno ha un proprio bagaglio di talenti, specialità, desideri, sogni, valori che lo rendono unico. Se la persona porrà attenzione alla propria unicità, ricercando intenzionalmente ciò che la contraddistingue dagli altri, coglierà al proprio interno ciò che ha bisogno di fare o di non fare per essere felice. In altre parole, si sentirà spinto o “chiamato” – in latino “vocatus” – a compiere determinate scelte e a mettere in atto determinati comportamenti.
 
Ad esempio, una persona può sentirsi “vocata” a occuparsi della famiglia e a fare la casalinga (o il “casalingo”), un’altra potrà sentirsi “chiamata” alla vita religiosa, o a diventare un medico, un insegnante, un imprenditore e così via.
 
Talvolta però l’unicità individuale viene coperta da una nube di convinzioni negative, di emozioni irrisolte, di modelli di comportamento condizionati che impediscono alla persona di cogliere ciò che è bene per lei e di utilizzare la propria “bussola interiore” per fare le scelte giuste per sé.
 
Una persona che non riesca ad utilizzare la propria “bussola interiore” può fare tre cose (o una combinazione di queste): si omologa seguendo ciecamente le aspettative degli altri, si ribella ai condizionamenti ricevuti facendo l’esatto contrario (dimostrando in tal modo di non essere interiormente libero ma ancora legato ai condizionamenti) oppure si blocca nell’inattività.
 
Il padre che spinga il proprio figlio a proseguire la propria carriera è certamente spinto dalla buona fede (in quanto è sinceramente soddisfatto della propria professione), però rischia di pressare il figlio verso una carriera che non gli è consona, ossia che non rispecchia il suo “Sé autentico”. Così il figlio, se non si sentirà autenticamente ispirato (“vocato”) a svolgere la professione paterna e se non avrà un contatto autentico con se stesso, rischierà di omologarsi alle aspettative del padre senza essere particolarmente soddisfatto, o rischierà di ribellarsi mettendo in atto attività improduttive oppure rischierà di bloccarsi. O potrà alternare queste tre modalità poco utili alla sua felicità.
 
Il lavoro psicoterapeutico può aiutare le persone che hanno perso il contatto con la propria dimensione interiore – e che soffrono per questo – a  ritrovare la propria “bussola interiore” e, di conseguenza, a operare scelte autonome. Questa parte del lavoro psicoterapeutico prende il nome di “scoperta di sé”.
 
Il secondo grande filone del lavoro psicologico su di sé consiste nella “gestione di sé”. In questa fase la persona ha già individuato i propri obiettivi ma ha delle difficoltà nel raggiungerli. La psicoterapia può assistere la persona aiutandola a sviluppare le capacità psicologiche necessarie per raggiungere i propri obiettivi (come ad esempio le capacità di comunicare efficacemente, di gestire le emozioni o di risolvere i conflitti interpersonali). La psicoterapia può inoltre aiutare la persona ad affrontare le difficoltà psicologiche che possono insorgere nel perseguimento dei propri obiettivi (come ad esempio le crisi d’ansia, i sintomi depressivi, gli attacchi di panico, le problematiche relazionali, etc.).
 
In questo articolo parlerò del primo filone del lavoro psicologico, ovverosia della “scoperta di sé”, con lo scopo di aiutare le persone ad entrare sempre più in contatto con la propria “bussola interiore” e individuare la propria vocazione.
 
Al di là delle considerazioni teoriche vorrei fornire in questo articolo dei metodi pratici per riflettere su e individuare la propria vocazione.
 
 
Precisazioni in tema di vocazione
La vocazione sembra un concetto altisonante, molto lontano dalla vita quotidiana, dalla vita reale. Verrebbe da dire: “Vocazione! Ma io non ho tempo di occuparmi di simili questioni filosofiche e astratte”. E in realtà è vero il contrario: la vocazione riguarda il fare, è qualcosa di estremamente utile e pratico.
 
Conoscere e perseguire la propria vocazione può fare la differenza tra un essere umano frustrato e un essere umano felice. Ma, dal momento che questo concetto viene generalmente trascurato o svalutato, prima di indicare alcuni metodi per trovare la propria vocazione, vorrei fare innanzi tutto alcune precisazioni.
 
  1. Tutti hanno una propria vocazione. Spesso si pensa alla vocazione solo da un punto di vista religioso, ritenendo che solo chi si consacri alla vita religiosa sia stato “vocato”.  Non è così: tutti gli esseri umani posseggono una propria specialità e, di conseguenza, sono spinti (o meglio chiamati) ad occuparsi di certe cose piuttosto che di altre. Purtroppo però molte persone nel corso della propria vita non giungono a cogliere e a realizzare la propria vocazione.
     
  2. La vocazione riguarda fatti ordinari e straordinari. Un medico, un poliziotto, un insegnante, un negoziante di articoli elettrici, un architetto, un falegname, una casalinga, un politico, e così via, possono essere tutti esseri umani chiamati dalla propria vocazione ad esercitare le proprie attività, anche senza clamorosi successi dal punto di vista economico e del riconoscimento sociale. Ma è vero anche il contrario.
     
  3. Soddisfazione e creatività: i segni distintivi che indicano che si stia seguendo la propria vocazione sono l’intima soddisfazione che si prova nel fare quello che si fa e la creatività con cui lo si fa. Si svolgono le proprie attività in modi sempre nuovi, utilizzando la propria inventiva per sperimentare nuove soluzioni. Nel far ciò si prova un appagamento interiore che prescinde dal successo. Ma probabilmente si avrà anche successo perché, in definitiva, quando ci piace fare una cosa, spesso si finisce per farla bene.
     
  4. Per cogliere la propria vocazione occorre sapersi ascoltare. La parola “vocazione” deriva da quella latina “vocatus”, che si potrebbe tradurre in italiano con “chiamato” o “vocato”. Per essere chiamato, occorre porsi in un atteggiamento di passività piuttosto che di attività. Occorre prestare ascolto alla propria interiorità e saper cogliere la propria “bussola interiore”. Cercare la propria vocazione in modo attivo e predatorio è controproducente. Si tratta invece di ascoltarsi e esplorarsi con pazienza, dolcezza e interesse.
     
  5. La vocazione ha una caratteristica di altruismo. Quando la persona sta seguendo la propria vocazione in genere sta facendo qualcosa che va a migliorare – direttamente o indirettamente – la vita di altre persone. Un pittore “vocato” lavora per portare nel mondo un po’ di bellezza in più. Un infermiere “vocato” è contento del sollievo che riesce a procurare ai pazienti. Un ristoratore “vocato” lavorerà non solo per il proprio profitto, ma anche per offrire cibo di qualità e uno spazio di ristoro ai propri clienti. E così via.
     
  6. Nel cercare la vocazione è bene essere pazienti. Trovare la propria vocazione non è qualcosa che si fa una volta per tutte. E’ un processo che richiede tempo, per cui non è utile mettersi sotto pressione, ma piuttosto è bene riflettere senza mettersi fretta.
     
  7. La vocazione è in continuo divenire. Non è  una cosa che una volta trovata rimane immutabile, definita e rigida. Piuttosto è vero il contrario: la vocazione continua ad evolvere e ad arricchirsi per tutto il corso della vita della persona.
     
  8. Una vocazione, molte attività. Una persona in genere esprime la propria vocazione attraverso varie attività contemporaneamente. Ad esempio una persona “vocata” ad occuparsi di agricoltura, potrebbe voler esprimere la propria vocazione in modi diversi, quali: approfondire gli studi di agronomia, divulgare le conoscenze in tema di agricoltura scrivendo un blog, dirigere una azienda agricola, gestire un negozio per la vendita di prodotti agricoli di qualità, insegnare ai propri figli le migliori pratiche agricole, e così via.
 
 
Luoghi comuni e preconcetti in tema di vocazione
 
“La vocazione non esiste”
Secondo questo mito, le persone sarebbero grossomodo tutte uguali. Le persone non avrebbero una propria unicità al livello psicologico, ma si differenzierebbero solamente in base alla propria fisicità e alle esperienze di vita.
 
Questo mito è condiviso dalle persone che non sono consapevoli della propria ricchezza interiore. Persone unicamente rivolte al mondo esteriore e materiale che, non avendo trovato la propria autentica vocazione, credono che questa non debba esistere per nessuno. Ma come giustificare il fatto che esistono persone che, sebbene non abbiano particolari condizioni materiali di successo, sono entusiaste e felici di ciò che fanno?
 

“La vocazione non è importante”
Questo mito è solitamente condiviso dalle persone che non si occupano del proprio mondo interiore perché ne svalutano l’importanza. Relegano tutto ciò che è introspezione tra i fatti meno importanti della vita. Ma poiché seguire la propria vocazione dona un senso di soddisfazione personale,  sarebbe come dire: non è importante essere felici!
 

“Non è possibile seguire la propria vocazione”
O varianti del tipo: “Solo uno su mille può seguire la propria vocazione”
Secondo questo mito la vocazione sarebbe qualcosa di irrealizzabile, qualcosa di troppo elevato e lontano dalla concretezza della vita quotidiana da poter essere tranquillamente relegata in una parte remota della propria psiche. Nel dimenticatoio, come si fa con gli amici immaginari e i giochi infantili.
 
La persona che sostiene questo mito è in genere una persona che si è rassegnata a svolgere un lavoro che non ama, dicendosi che nel tempo libero, però, farà ciò che davvero le piace. Ma le cose vanno diversamente: dopo aver lavorato si sente svuotata e non ha più energie per fare altro.
 
In realtà è possibile perseguire la propria vocazione e coniugarla con le esigenze della vita quotidiana, anche se questo spesso richiede impegno, gradualità, pazienza e tenacia.
 

“So qual è la mia vocazione, ma non posso perseguirla, perché sono troppo debole”
Oppure perché sono troppo malato, o troppo vecchio, o troppo povero, etc.
 
Innanzi tutto occorre verificare se i nostri progetti sono davvero irrealizzabili. Forse ci siamo fatti delle idee obiettivamente irrealistiche: probabilmente non diventerò mai un giocatore professionista di basket se sono molto basso di statura. Se i nostri piani sono francamente impossibili, allora è il caso di riflettere ulteriormente per riuscire a coniugare la vocazione con le reali condizioni di vita.
 
Spesso però le persone esagerano la propria inadeguatezza a perseguire i propri obiettivi. Questo accade quando si conosce la propria vocazione, si riesce a individuare i propri obiettivi, ma ci si blocca di fronte alle difficoltà ingigantendo le proprie incapacità (e minimizzando le proprie capacità). In questo modo le persone tendono a bloccarsi e a divenire ansiose, o depresse, o a sentirsi in colpa. In questi casi è una buona idea farsi aiutare da uno psicoterapeuta ad affrontare i blocchi che intralciano il proprio percorso di vita (in questo caso l’obiettivo della psicoterapia è “la gestione di sé”).
 
E' interessante notare che le persone che conoscono la propria vocazione e la perseguono liberi dai propri blocchi interiori hanno molte probabilità di avere successo. Mobilitano una grande quantità di energie e sono disposte a farlo per un lungo periodo di tempo. Non mollano facilmente, sono appassionate e, per lo più, felici di ciò che fanno. E comunicando questo senso di soddisfazione all’esterno, le altre persone tendono a reagire positivamente valorizzando, accogliendo e premiando il loro impegno.
 
La felicità e la soddisfazione in ciò che si fa è quindi è un importante fattore di successo, per cui le persone che seguono la propria vocazione si trovano nella migliore possibilità di riuscire.
 

“Gli altri hanno una vocazione, io no”
Non è vero: non ho mai incontrato una persona che non fosse unica. La persona che sostiene questo mito ha bisogno di esplorare maggiormente il proprio mondo interiore per riscoprire il proprio “essere speciale”. A questo scopo, potrebbe trarre vantaggio dall’aiuto di uno psicoterapeuta (in questo caso l’obiettivo della psicoterapia sarebbe “la scoperta di sé”).
 
 
Come trovare la propria vocazione
Individuare la propria vocazione richiede tempo (anche molto tempo) e l’intenzione di focalizzarsi sul proprio mondo interiore.
 
Propongo di seguito alcuni esercizi che possono essere svolti individualmente e che velocizzano il processo di individuazione della propria vocazione.
 
Gli esercizi stimolano la riflessione sul passato, sul presente e sul futuro.
 
Prima di ogni esercizio è utile esplicitare a se stessi la propria intenzione di riflettere sulla vocazione di vita. A questo scopo è possibile rivolgersi a se stessi, sotto forma di dialogo tra sé e sé, e chiedere alla propria interiorità di poter trovare la propria vocazione. Qualcosa del tipo: “Chiedo alla mio Sé più autentico di permettermi di cogliere sempre di più la mia vocazione di vita”. O variazioni sul tema, in base alla propria sensibilità.
 
 
Trovare la propria vocazione riflettendo sul passato
Nel bel film “Faccia a faccia” con Bruce Willis, il protagonista adulto si trova magicamente a contatto con se stesso da bambino. Il bambino, che sognava di fare da grande il pilota di aerei, è sorpreso dal fatto che l’adulto abbia dimenticato le passioni dell’infanzia e che da grande svolga una vita professionale e relazionale completamente lontana da quelli che erano i sogni infantili, finché, completamente deluso, esclama: “Ho quaranta anni, non sono sposato, non guido gli aerei e non ho nemmeno un cane!? Allora da grande sarò un fallito!”.

Trovare la propria vocazione riflettendo sul passato

Proprio per evitare di sentirsi “dei falliti”, di aver mancato qualcosa di importante nella vita, nell’esercizio che segue si rifletterà sulla propria infanzia, ossia sul tempo in cui le proprie passioni erano evidenti e non contaminate dalle aspettative, dagli insegnamenti, nonché dalle punizioni degli adulti.
 
Si prenda carta e penna e si risponda – riflettendo senza fretta – alle seguenti domande:

  • Cosa amavo da bambino?
  • Qual’erano i miei giochi preferiti?
  • Qual’erano le mie fantasie ad occhi aperti?
  • Quali persone ammiravo? (Ammirare significa avere la qualità della persona che si ammira all’esterno al proprio interno sotto forma di potenzialità).
  • Cosa sognavo avrei fatto da grande?
  • Quando mi chiedevano: “Cosa vuoi fare da grande?”, cosa rispondevo?

Dopo aver risposto alle domande, cerca di trovare il filo che unisce le passioni, i sogni e i giochi del bambino che eri e scrivi la risposta alla seguente domanda: quali erano le mie specialità?
 
Ed infine chiediti: come posso portare i sogni dell’infanzia nella mia vita di oggi?
 
 
Trovare la propria vocazione riflettendo sul presente
Riflessi della nostra vocazione si ritrovano anche nelle abitudini e nelle attività che svolgiamo oggi.

Trovare la propria vocazione riflettendo sul presente
Per cogliere i riflessi della propria vocazione nel presente propongo due esercizi: un esercizio sulle passioni e un esercizio sui valori.
 
 
Primo esercizio: riflettere sulle proprie passioni.
 
Le passioni si manifestano nelle aree dell’esistenza dove mettiamo più energia, o meglio, dove sentiamo di voler mettere energia (si ricordi il concetto di essere chiamati). In alcuni settori della vita ci troviamo a nostro agio e proviamo quello stato dell’essere chiamato “entusiasmo”.
 
Questo esercizio ci permettere di riflettere e di individuare ciò che ci entusiasma. Si prenda carta e penna e, riflettendo con calma e attenzione, si risponda alle seguenti domande:
 
  • Cosa mi piace fare oggi?
  • Come impiego il mio tempo libero?
  • Cosa faccio in vacanza e che mi piace davvero?
  • Cosa farei anche gratuitamente?
  • Come spendo i miei soldi? Cosa compro proprio per me?
  • Quali persone ammiro?
  • Quali libri leggo? In libreria quale reparto consulto?
  • Quali sono i personaggi dei libri, dei fumetti, dei film che più mi avvincono? Perché? Cosa fanno di speciale?
  • Cosa faccio di bello nelle fantasie ad occhi aperti?

Poi, rileggi le risposte e cerca di individuare quali sono le aree di interesse che si ripetono. Continua la riflessione per iscritto. Quali sono le passioni più importanti? Riesci a vedere una trama superiore che lega le tue passioni? Hai sacrificato le tue passioni o credi di stare dando loro il giusto spazio? Nella tua attività principale (lavoro, studio, cura dei bambini, etc.) hai dato uno spazio sufficiente alle tue autentiche passioni? E se non è così, come potresti dare maggiore spazio alle tue passioni nella tua vita attuale?
 
 
Secondo esercizio: riflettere sui propri valori.
 
Questo esercizio ha lo scopo di riflettere sulla vocazione di vita a partire dai nostri valori.
 
I valori non corrispondono alle passioni. Le passioni si manifestano concretamente in specifiche aree della vita (la passione per la bicicletta, per il cibo, per lo studio della storia, etc.). I valori invece rappresentano la direzione di fondo che sentiamo di voler dare alla vita. Potremmo chiamarli  anche “ideali”.
 
Possiamo svolgere una professione con passione, ma il valore rappresenta il modo in cui la svolgiamo e quali obiettivi di lungo termine vogliamo realizzare mediante tale attività professionale.
 
Se ci muoviamo verso Nord possiamo farlo in molti modi diversi: in bicicletta, a piedi, a cavallo, e così via. Nello spostarci possiamo avere la passione per la bicicletta, la marcia o il cavallo, ma il Nord rappresenta la direzione, ossia il valore a cui tende il nostro procedere.
 
Ad esempio, se l'onestà è un nostro valore, potremmo voler svolgere un’attività che ci appassiona, come il tennis o il commercio, secondo il valore dell’onestà.
 
I valori non si raggiungono né si realizzano mai. Rappresentano le nostre priorità. L’onestà non si raggiunge mai ma, piuttosto, rappresenta la direzione che le nostre scelte seguono (ammesso che l’onesta sia un nostro valore …).
 
E’ possibile anche affermare che i valori rappresentino il Nord della nostra “bussola interiore”.
 
Come svolgere l’esercizio:
  1. Innanzi tutto occorre individuare i propri valori, al di là delle aspettative sociali e dei condizionamenti familiari (cosa certamente non facile). A questo scopo ti invito a riflettere su cosa è davvero importante per te nella vita, nelle relazioni, nel lavoro. Scrivi l’elenco dei tuoi valori su di un foglio.

    Se non riesci ad individuare i tuoi valori personali in questo modo, ti propongo, in alternativa, di consultare il seguente elenco di valori. Per meglio riflettere, puoi stampare l’elenco dei valori e far scorrere l’attenzione sulle varie voci dell’elenco. Prenditi il tempo necessario per ragionare e individuare i tuoi valori.
     
  2. Seleziona i cinque valori più importanti.
     
  3. Ordina i cinque valori dal più importante al meno importante. A seconda dei contesti i valori possono essere in conflitto fra loro. Per questo motivo è importante capire quali sono i più rilevanti per noi.
     
  4. Dai un punteggio da 0 a 10 rispetto a quanto ti stai impegnando secondo ciascun valore.
     
  5. Rifletti: per quali valori stai facendo abbastanza? Per quali valori non stai facendo abbastanza? In quali aree della tua vita? 

    A questo punto può esserti divenuto chiaro cosa è davvero importante nella tua vita e cosa rappresenta la tua vera vocazione. Può inoltre esserti divenuto chiaro cosa stai facendo e cosa stai omettendo di fare rispetto alla tua vocazione.
     
  6. Rifletti sulla frase: solo se ci si impegna per ciò che è davvero importante per noi, la vita diviene ricca e interessante.
 
 
Trovare la propria vocazione riflettendo sul futuro
Ignazio di Loyola è stato un importante religioso spagnolo del XVI secolo. Da giovane Ignazio fu cortigiano e militare.

Trovare la propria vocazione riflettendo sul futuro

Durante l'assedio della città di Pamplona, Ignazio fu ferito alla gamba destra. Fu operato e, nonostante l’arretratezza della chirurgia dell’epoca, sopravvisse. La guarigione fu lenta e Ignazio fu costretto ad un lungo periodo di immobilità e, in conseguenza di ciò, ebbe molto tempo per riflettere sul proprio futuro.
 
Leggiamo dalla sua Autobiografia: “Quando pensava alle cose del mondo, provava molto piacere, ma quando stanco le lasciava si trovava vuoto e scontento. Quando pensava di andare a Gerusalemme scalzo, di mangiare solo erbe e di fare tutte le altre cose dure che vedeva che avevano fatto i santi, non solo si consolava quando vi stava pensando ma anche dopo aver lasciato questi pensieri restava contento e allegro”.
 
Durante il periodo di convalescenza, Ignazio rifletteva sul proprio futuro e immaginava che avrebbe proseguito la carriera militare, coltivando le “cose del mondo”. Sognando ad occhi aperti i suoi successi militari “provava molto piacere”, ma era un piacere effimero che durava poco, lasciandolo poi “vuoto e scontento”. Quando invece Ignazio immaginava il suo futuro in veste di religioso, sognando di fare le cose “che avevano fatto i santi” si sentiva bene sia mentre ci pensava sia dopo, restando “contento e allegro”.
 
Riflettendo in questo modo, Ignazio di Loyola cominciò a cogliere la propria vera vocazione di vita e, da quel momento in poi, cambiò la direzione della propria vita, dandosi agli studi teologici, poi divenendo sacerdote ed infine fondando la Compagnia dei Gesuiti.
 
Con questa storia, non intendo consigliare a tutti la vita religiosa! Voglio piuttosto introdurre l’esercizio per individuare la propria vocazione basato sulla riflessione sul futuro. In questo esercizio dovremo immaginare – similmente a Ignazio di Loyola – gli scenari futuri e coglierene l’effetto su di noi.
 
Questo esercizio è particolarmente utile dopo aver fatto i precedenti esercizi sul passato e sul presente e allorché si sia in dubbio tra due o più percorsi di vita alternativi.
 
Ecco l’esercizio:
  1. Prendi del tempo per te, almeno mezzora, in un luogo dove sai che non verrai disturbato (silenzia il cellulare). Siedi comodamente, fai qualche respiro profondo e ritrova la tua capacità di essere concentrato e rilassato.
     
  2. Focalizzati su di un percorso di vita che potrebbe riflettere la tua vocazione e, per qualche minuto, immagina di proseguire la tua vita in quella direzione.
    • Come saresti , dove saresti, cosa faresti tra cinque anni? E tra dieci? E tra venti anni?
    • Durante questa fantasia quali emozioni senti? Sei impaurito, annoiato, irritato o felice?
    • Come reagisce il tuo corpo: è teso o rilassato?

  3. Ora allontana la visualizzazione e rimani solamente quieto. Come stai? Ti senti pieno di energie o svuotato di energie? Ascolta le tue emozioni. Ascolta il tuo corpo. Il corpo non mente.
     
  4. Ripeti i passi 3 e 4 per i diversi percorsi di vita.
     
  5. Confronta come ti sei sentito durante le visualizzazioni degli scenari futuri. Soprattutto confronta le sensazioni e le emozioni che sono rimaste dopo le visualizzazioni (al punto 3). Cogli quando ti sei sentito “vuoto e scontento” e quando “contento e allegro”.
Questo esercizio non è affatto banale, ma anzi richiede un buon contatto con se stessi. Se ben eseguito, può portare la persona a cogliere dentro di sé il proprio “entusiasmo”.
 
Ci viene insegnato dai genitori e dalla società in generale, in modo implicito o in modo esplicito, a considerare alcune cose come desiderabili e altre cose come non desiderabili. Questo procedimento – che potremmo chiamare “condizionamento” – può portare le persone a non saper più cosa è bene per loro e cosa le entusiasma. Per questo motivo, se siamo stati fortemente condizionati,  possiamo immaginare di essere felici percorrendo un certo percorso di vita, per poi scoprire, come fece Ignazio di Loyola, che in realtà il piacere iniziale si trasforma in un senso di vuoto e infelicità, perché il percorso di vita non riflette la nostra autentica vocazione.
 
La vera vocazione, invece, accende in noi un senso di entusiasmo duraturo ed è in grado di resistere alle prove del tempo.
 
 
Il ruolo degli e-ducatori
Gli esercizi proposti sono pratiche di auto-aituo, ossia sono concepiti per essere svolti individualmente al fine di aiutare le persone a trovare – o a ritrovare – da sé la propria vocazione.
 
Questi esercizi possono essere svolti da persone adulte che, non sentendosi soddisfatte della propria vita, possono aver bisogno di chiarirsi meglio il proprio percorso di vita al fine di trovare gli aggiustamenti necessari da apportare al proprio quotidiano.
 
Questi esercizi sono particolarmente utili per le persone adolescenti che, affacciandosi alla vita adulta, hanno bisogno di individuare la propria vocazione allo scopo di fare le migliori scelte formative e di vita.
 
Gli adulti, che hanno abituali rapporti con gli adolescenti  e i giovani adulti – gli insegnanti, gli educatori, gli psicologi e, soprattutto, i genitori – possono trarre ispirazione dagli esercizi proposti per assolvere al proprio ruolo di educatori.
 
“Educare” è una parola di origine latina e si compone di e (fuori) e duco (condurre). Condurre fuori.
 
Educare non significa quindi forgiare una persona ignorandone l’individualità, per farne una specie di robot istruito. Educare, nel vero senso della parola, significa aiutare la persona a sviluppare ciò che ha di autentico e di proprio. Implica aiutare la persona a individuare la propria vocazione e poi a perseguirla, sostenendola nel “condurre fuori” i propri desideri nel mondo reale, insegnandole a trasformare i propri sogni in semi concreti da piantare e coltivare nella realtà.
Il ruolo degli e-ducatori

Più che di certezze dogmatiche le persone in via di sviluppo hanno bisogno di essere aiutate a trovare il senso della propria vita.


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