Quando la psicoterapia di coppia fa più danni che altro
Come mai si ascoltano tante storie di fallimento nella psicoterapia di coppia?
Sono uno psicologo specializzato in psicoterapia. Dopo aver lavorato inizialmente in un contesto prettamente individuale, nel tempo mi sono poi aperto anche ad altre modalità, tra le quali la psicoterapia di coppia e i seminari in gruppo.
Come psicoterapeuta di coppia mi sono formato secondo il metodo della psicoterapia di coppia EFT, approccio che amo e in cui credo molto. Nel tempo ho avuto la fortuna di assistere al bellissimo spettacolo di diverse coppie che, inizialmente in crisi, sono gradualmente rifiorite, effettuando un percorso di psicoterapia di coppia che ha permesso ai partner di aprirsi reciprocamente in un’atmosfera di rinnovata sicurezza.
La psicoterapia di coppia è un’attività molto soddisfacente per tutti: per i partner, per la famiglia dei partner, per gli amici, per i parenti e i conoscenti dei partner e, naturalmente, per lo psicologo psicoterapeuta.
Tuttavia.
Fallimenti di terapia di coppia
Tuttavia, continuo a venire a conoscenza di fallimenti di psicoterapia di coppia. Va bene un caso ogni tanto, anche a me capitano, perché talvolta gli schemi mentali dei partner sono troppo rigidi, o perché la crisi si è eccessivamente “incistata” in anni, se non in decenni, di lotte e di dolore, o perché le ferite e i tradimenti sono troppo profondi, o perché uno o entrambi i partner non hanno più speranza o voglia che le cose cambino.
Il fallimento di una terapia di coppia, di tanto in tanto, può avvenire, nonostante la preparazione e l’esperienza del professionista. Però le notizie e le segnalazioni di fallimenti di terapia di coppia che ricevo sono troppo numerose.
C’è qualcosa che non quadra: perché tutti questi casi di insuccesso? E non è soltanto una mia impressione dipendente dalla mia privilegiata situazione di “addetto ai lavori”, anche nell’immaginario collettivo, nei film, nelle chiacchere da bar o da “cocktail party”, si svaluta, purtroppo, la psicoterapia di coppia, considerandola scarsamente efficace, oppure un’attività ridicola da prendere in giro o, peggio ancora, una mossa disperata, da riservare alle coppie “all’ultima spiaggia”.
Spesso, infatti, nella retorica cinematografica la psicoterapia di coppia viene sbeffeggiata, lo psicologo viene descritto come un “sempliciotto”, se va bene, o come una persona disonesta, se va male. Mentre i partner, in questi film, quasi sempre finiscono per lasciarsi.
Siamo lontani dal considerare la psicoterapia di coppia un intervento di cura importante, talvolta di fondamentale importanza e sempre degno di rispetto, come merita.
Testimonianze
Tanti, troppi casi di insuccesso.
Scrivo questo articolo perché sono stufo di ricevere email come questa (ovviamente ho modificato alcune informazioni per garantire l’anonimato del mittente):
“Buongiorno dottore,
le scrivo dal Trentino. Ho letto il suo articolo sulle crisi di coppia e i motivi per cui lasciarsi e mi ha colpito molto. Da due mesi sono stata abbandonata dall'uomo che amavo, dopo 7 anni di convivenza. A volere la nostra separazione è stato uno psicologo da cui siamo stati per fare psicoterapia di coppia.
Anziché far diventare quelle sedute un momento di confronto di due fragilità (entrambi abbiamo paura dell’abbandono e insicurezze), il tutto si risolveva in scontri di cui lo psicologo era il giudice.
Io mi mettevo in gioco ed ero sincera. Il mio compagno era chiuso. Il terapeuta lavorava quindi solo su di me rafforzando nell’altro la convinzione di essere nel giusto. Decidemmo di sospendere la terapia perché sembrava inutile. 10 mesi siamo stati bene. Poi una lite e io decisi di far mediare la pace dallo psicologo. Non l’avessi mai fatto! Ci ha esortato senza via di scampo a chiudere la relazione. All’inizio eravamo entrambi in disaccordo con lui. Poi, dopo due sedute singole, il mio compagno si è fatto guidare, si è fidato e non senza dolore, ha chiuso definitivamente. Senza un confronto, pensi. Semplicemente con messaggi su messaggi e poi ignorandomi. Si è definito confuso, disorientato... Io ammetto di essere stata pesante e aver tentato di far prevalere i miei valori nella coppia mentre lui era poco assertivo, ma entrambi ci volevamo un bene immenso... Da circa un mese sono terminati pure i messaggi e io mi sono chiusa in un silenzio e in una sofferenza profondi. Non ritengo lo psicoterapeuta sia stato corretto, ma che abbia imposto il suo punto di vista. Ho gli screen di entrambi in cui gli chiediamo di aiutarci a stare assieme e lui risponde che non si può fare, dobbiamo lasciarci.
Grazie in anticipo se mi risponderà.”
Oppure come questa email (come sopra, riportata in forma anonima):
“Buongiorno Dottore,
perdoni lo sfogo ma non so davvero come fare.
Con mia moglie a ottobre [sei mesi prima della ricezione dell’email], abbiamo deciso di intraprendere un percorso di terapia di coppia, perché stanchi dei continui violenti litigi che non portavano a nulla. Dopo qualche seduta, già sembrava tutto risolto, ma era solo un facile entusiasmo iniziale.
Dopo qualche mese, mi sembrava di stare facendo dei passi avanti, mia moglie si diceva più tranquilla, più vicina. Addirittura in una seduta mi aveva lodato per il mio impegno familiare. Mi stavo finalmente rilassando sentendomi più tranquillo, più accettato, meno ‘in fuga’, quando nell’ultima seduta la psicoterapeuta ci ha chiesto come stava andando. Io candidamente ho detto: ‘Bene, mi sembra’. Mia moglie invece ha detto che andava peggio che mai, che le cose non cambiavano, che io non mostravo di voler fare di più né di volermi mettere in discussione. Forse era un momento di stanchezza per lei, non so, però ne è scaturito immediatamente un litigio infuocatissimo. Poi mia moglie si è messa a piangere e la psicologa ha commentato che forse non eravamo fatti per stare insieme, che separatamente siamo delle ottime persone, ma che insieme non funzioniamo come coppia.
Mi è caduto il mondo addosso. Tutto l’impegno profuso nella terapia di coppia nei mesi precedenti si è vaporizzato in pochi minuti e la psicologa ha spinto in questa direzione di rottura. Il risultato è che ci siamo presi un periodo di pausa, ci siamo allontanati, ma entrambi siamo sfiduciati e non ne possiamo più. Ora siamo fisicamente ed emotivamente distanti. C’è ancora qualche speranza secondo lei?”.
Sono stufo di venire a conoscenza da parte di pazienti, di amici o di conoscenti, di storie simili a quelle descritte nelle precedenti email: storie di cattiva psicoterapia di coppia in cui i partner si rivolgono ad un professionista, spesso in una situazione in forte difficoltà, e lo psicoterapeuta, improvvisato psicoterapeuta di coppia, contribuisce ad acuire la crisi, arrecando un grave danno ai pazienti e alla lora famiglia, specie se vi sono dei figli.
Ma come discernere una buona da una cattiva psicoterapia di coppia?
I segni di una cattiva psicoterapia di coppia
Ho già scritto in precedenza sui segni di una cattiva psicoterapia focalizzandomi, però, principalmente sui segni di una cattiva psicoterapia individuale. Ora voglio, invece, focalizzarmi sui segni di una cattiva psicoterapia di coppia.
Vi sono dei segni di cattiva psicoterapia di coppia che sono maggiormente evidenti e condivisibili da tutti in quanto violano direttamente il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, ossia l’insieme delle regole che gli psicologi si sono dati da sé al fine di salvaguardare sia la propria professione, sia gli utenti finali:
- Lo psicologo approfitta della propria posizione di potere e fa un uso non appropriato della propria influenza.
a situazione psicoterapeutica di per sé attribuisce tanto potere e carisma allo psicoterapeuta, solo per il fatto di essere uno psicoterapeuta “assiso sullo scranno del suo studio”. Se questi però usa il suo potere per esercitare una “influenza non appropriata” (articolo 3) o non “rispetta la dignità” di uno od entrambi i partner (articolo 4), sta violando le più basilari e ovvie norme del Codice Deontologico.
Esempio: lo psicologo si mette un grandino sopra ai pazienti, si erge a “giudice della coppia” e condanna il comportamento di un partner alla presenza dell’altro.
Esempio: lo psicologo giudica uno o entrambi i partner usando termini offensivi.
- Lo psicologo opera delle discriminazioni irrispettose.
o psicologo è tenuto a non operare “discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità” (articolo 4).
Esempio: lo psicologo si rifiuta di prendere in terapia o agisce svogliatamente con dei partner che hanno un orientamento sessuale diverso dal proprio o appartengono ad un’etnia diversa, o perché, pur potendo assolvere agli onorari, mostrano di avere un livello economico inferiore rispetto a quello dello psicoterapeuta. Diverso è il caso in cui lo psicologo, riconoscendo che la diversità può impedirgli di offrire al meglio i suoi servizi, non prende in carico una persona. In questo caso, infatti, la discriminazione è motivata e protettiva dell’utente finale.
- Lo psicologo viola il segreto professionale.
Al di là dei casi in cui lo psicologo tradisce l’anonimato dei pazienti col mondo esterno, ossia con altri pazienti o altre persone estranee alla terapia, lo psicologo viola il segreto professionale (articolo 11) quando nella psicoterapia di coppia vede uno dei due partner in una seduta individuale (solitamente nella fase iniziale della psicoterapia di coppia) e, pur essendo tenuto a preservare la riservatezza su quanto il partner gli dice, rivela delle informazioni all’altro partner.
Esempio: lo psicologo viene a sapere durante la seduta individuale di un tradimento di un partner e lo rivela all’altro partner.
- Lo psicologo inizia una relazione con uno dei partner durante la psicoterapia.
Questa è una delle violazioni più macroscopiche del Codice Deontologico (articolo 28) in cui, appunto, si fa categorico divieto di intrattenere relazioni “di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale” con i propri assistiti. La ragione, data la posizione di potere dello psicoterapeuta, mi sembra auto-evidente.
Esempio: lo psicologo dà inizio ad una relazione affettiva con uno dei due partner durante la psicoterapia di coppia.
Vi sono, poi, dei segni di cattiva psicoterapia di coppia che mi si sono palesati nel tempo esercitando questa professione. Questi segni di cattiva psicoterapia rispecchiano, ovviamente, il mio personale punto di vista e possono non essere condivisi dai colleghi:
- Lo psicologo non è specificamente formato nella psicoterapia di coppia.
Come spiego meglio in un paragrafo successivo, la situazione italiana è contraddittoria: non esistono corsi specifici di specializzazione in psicoterapia di coppia riconosciuti dallo Stato, ma d’altra parte il Codice Deontologico all’articolo 5 afferma che lo psicologo usa “solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza”. Di conseguenza, non è chiaro come uno psicologo possa acquisire le “adeguate competenze” in psicoterapia di coppia che, comunque, è tenuto ad acquisire. La conseguenza di questa situazione nebulosa è che nessuno psicologo è stato mai sanzionato dall’Ordine professionale per aver esercitato la psicoterapia di coppia pur non essendovi specificamente formato.
Al di là del punto di vista legale, il mio punto di vista personale è che tale formazione specialista sia fondamentale.
Esempio: lo psicologo, anche se specializzato in psicoterapia, non ha ricevuto una specifica formazione sulla terapia di coppia e si improvvisa in questo campo.
- Lo psicologo fornisce consigli avventati.
Una dei compiti dello psicoterapeuta di coppia è quello di rallentare le interazioni in seduta al fine di rispecchiare in modo calmo e cauto cosa i partner stanno facendo di distruttivo per la relazione, al fine di aumentare la loro comprensione e di accompagnarli a fare qualcosa di diverso. Fa questo in modo prudente e procedendo per ipotesi, che verifica puntualmente con i partner.
Lo psicologo che, invece, fornisce consigli avventati ai partner, non svolge più il suo ruolo di psicoterapeuta di coppia ma assume, invece, quello di “guida infallibile” ma, come è noto, l’infallibilità può essere invocata solamente dal Papa e solo in determinate situazioni.
Esempio: lo psicologo consiglia ai partner di lasciarsi o di “prendersi una pausa”. Questo, secondo me, è tipico dello psicoterapeuta “in crisi di panico”, che non sa come gestire i conflitti infuocati dei partner durante le sedute ed ovviamente si sente impotente e a disagio ma, invece di trasformare questo malessere in una presa di coscienza e di responsabilità che lo porti ad ammettere di non avere chiaro cosa sta succedendo in seduta e come è bene procedere, sposta la responsabilità sulla coppia che viene etichettata come “disfunzionale”. Di qui alla “condanna a morte” della coppia, il passo è breve.
- Lo psicologo non protegge uno o entrambi i partener della coppia.
Quando le cose vanno storte, una coppia può diventare il luogo della distruttività per eccellenza (a questo proposito, chi è forte di stomaco, può vedersi o rivedersi il film: Kramer contro Kramer con Dustin Hoffman e Meryl Streep). Lo psicoterapeuta di coppia ha quindi bisogno di creare un luogo protetto dove i partner, sentendosi al sicuro, possano esplorare con fiducia i propri sentimenti, anche quelli più dolorosi. E dialogare davvero.
Esempio: lo psicologo rimane sistematicamente in silenzio e non interviene quando i partner litigano in seduta.
Esempio: lo psicologo, essendo venuto a sapere in seduta individuale di un tradimento in corso da parte di un partner, continua a stimolare l’altro ad aprirsi emotivamente.
- Lo psicologo non mostra di avere una direzione di lavoro.
La situazione di terapia di coppia è considerata essere dagli addetti ai lavori uno dei “setting terapeutici” più difficili, data l’intensità e l’intensità dei sentimenti coinvolti. Può accadere, quindi, che lo psicologo, preso dal caos e dalle emozioni (comprese le proprie) che possono accendersi in seduta, perda temporaneamente la direzione del suo lavoro. Suo compito, in questi casi, è quello di rendersi conto della sua confusione, di rallentare, di riflettere e di ritrovare la direzione.
Esempio: le sedute di psicoterapia di coppia si susseguono senza che si riesca a percepire il senso di quello che si sta facendo.
Esempio: lo psicologo parla troppo, divaga senza un filo conduttore.
Esempio: i partner hanno l’impressione che le ultime sedute siano avvenute in modo caotico, che si stia procedendo alla cieca. Interrogato in proposito, lo psicologo non sa spiegare quale direzione sta dando al percorso di psicoterapia di coppia.
- La coppia si lascia e lo psicologo prende in cura uno dei due partner.
Non sto parlando del caso in cui uno psicologo che ha in psicoterapia individuale una persona decide, in accordo con questa, di intraprendere un percorso di psicoterapia di coppia invitando di lì in avanti in seduta anche l’altro partner. Questo può essere utile e lecito, a patto che lo psicologo non rappresenti l’unico legame stabile e di fiducia del primo paziente.
È invece, secondo me, segno di un comportamento non lungimirante dello psicologo, il prendere in terapia individuale un partner di una coppia che originariamente si è presentata nel suo studio per una psicoterapia di coppia e che poi finisce per lasciarsi. Anche se i partner si lasciano, a mio avviso, lo psicologo ha il dovere etico di rimanere sempre il “terapeuta di quella coppia”, a disposizione di eventuali (e imprevedibili) evoluzioni della vita della coppia stessa.
Esempio: una coppia che ha intrapreso una psicoterapia di coppia con uno psicologo, si lascia e questi prende in terapia individuale uno dei due partner.
- Lo psicologo ha troppi pazienti.
Va bene dimenticare qualche informazione o qualche nome, d’altra parte lo psicologo ha bisogno di concentrarsi su di un gran numero di fatti (cosa dice un partner, come lo dice, come ascolta l’altro partner, etc.) e qualcuno di questi può andare perso ma se, sistematicamente, mostra di non ricordare elementi essenziali della coppia, forse ha in cura troppi pazienti contemporaneamente.
Esempio: lo psicologo non ricorda regolarmente il nome dei partner.
- Lo psicologo non è cosciente dei propri preconcetti.
Tutti hanno dei “pre-concetti”, ossia delle opinioni preconfezionate su di sé, sugli altri e sul mondo. Ciò è naturale, umano e ci permette di orientarci nella vita in modo più o meno fluido. Immaginate di dovervi muovere senza avere idee su ciò che è bene e ciò che è male: cosa mangio a colazione? Come mi vesto? È bene salutare le persone che incontro? E in che modo?
La vita diventerebbe un incubo di indecisioni.
Lo psicologo, in quanto essere umano, ha dunque i suoi bravi preconcetti. Quali che essi siano, però, nel suo lavoro deve avere cura di non “proiettarli” sui suoi pazienti, perché ciò potrebbe non corrispondere con ciò che è bene per i pazienti stessi.
Esempio: lo psicologo sostiene che la coppia non funziona perché ha poca o nessuna vita sessuale. Ma dove sta scritto? In questo caso il preconcetto consisterebbe nel pensare che “una coppia felice ha necessariamente una florida vita sessuale”, ma questo può non essere vero, anche in base all’età, alle condizioni mediche e alle convinzioni religiose o etiche delle persone.
Esempio: lo psicologo può spingere (esplicitamente o implicitamente) i partner ad assumere dei ruoli modellati sulla famiglia tradizionale, del tipo: “l’uomo lavoro e la donna sta a casa con i figli”. O, al contrario, li incoraggia nel senso opposto, ad abbandonare i ruoli della famiglia tradizionale per acquisire dei ruoli “fluidi”.
I segni di una buona psicoterapia di coppia
Un “segno” è qualcosa di visibile, di osservabile. Non uso questo termine a caso. Nelle pratiche sanitarie, volte alla cura e al benessere della persona, vi è la possibilità di osservarne in modo sistematico e scientifico i “meccanismi del cambiamento” (Cosa funziona?), i risultati (Funziona?) e la stabilità dei risultati (Per quanto tempo funziona?) al fine di valutarne l’efficacia, in altre parole è possibile studiare se una specifica pratica produca risultati positivi, in quale misura e con quale stabilità nel tempo.
L’osservazione sistematica e ripetibile delle pratiche sanitarie ha permesso di classificare gli approcci che funzionano come ”Pratiche Basate sull’Evidenza” (in inglese EBP, Evidence Based Practice) e, conseguentemente, gli approcci psicoterapeutici: “Psicoterapie Basate sull’Evidenza”.
Le più diffuse forme di Psicoterapia di Coppia Basate sull’Evidenza in Italia sono:
- L’approccio EFT, ossia la Terapia di Coppia Focalizzata sulle Emozioni (Emotionally Focused Couple Therapy), che lavora per risolvere le dinamiche di coppia ripetitive e distruttive e incrementare il senso di fiducia e di sicurezza tra i partner.
Questo è l’approccio che ha più studi scientifici all’attivo ed è anche l’approccio che ho personalmente scelto, che ritengo particolarmente efficace e secondo il quale mi sono specializzato e certificato. Per saperne di più sull’approccio di psicoterapia di coppia col metodo EFT è possibile leggere il mio articolo divulgativo sull’argomento.
- Il metodo Gottman (link in inglese), introdotto dai coniugi John e Julie Gottman, un metodo strutturato che guida i partner a sviluppare le capacità per gestire i conflitti, per comprendere il mondo interno dell’altro e apprezzarlo con il fine di creare una relazione soddisfacente, piuttosto che una in cui ci si ferisce reciprocamente o ci si allontana.
- La Terapia di Coppia Cognitiva-Comportamentale (in inglese: Cognitive Behavioral Couple Therapy), che aiuta i partner a individuare nuovi e più costruttivi modi di relazionarsi e ad accettare i comportamenti del partner che non possono essere cambiati. Una sua variante più recente prende il nome di Terapia di Coppia Integrativa.
- L’approccio Sistemico Relazionale, declinato per la situazione di coppia, esplora e rende esplicite le richieste “sommerse e implicite” che, secondo questo modello, sono le vere cause della sofferenza di coppia.
La qualità della psicoterapia di coppia in Italia
Come è possibile, dunque, che sebbene sia chiaro cosa funziona in una terapia di coppia, vi siano tanti casi di terapia di coppia di “bassa qualità”?
I numeri ci dicono che tanti psicoterapeuti, oltre ad offrire psicoterapia individuale, offrono anche psicoterapia di coppia, ma ci dicono anche che solo una piccola minoranza di questi ha seguito uno specifico corso di formazione su questa particolare modalità di intervento.
In Italia, durante il corso di laurea in psicologia si possono acquisire delle nozioni teoriche sulla psicologia della coppia, ma non sono previsti dei corsi pratici. D’altra parte, la maggior parte delle scuole di specializzazione in psicoterapia (se necessario, si legga il mio articolo sulla differenza tra uno psicologo e uno psicoterapeuta), non insegna la pratica della psicoterapia di coppia ma, al più, offre solo degli accenni teorici su questo tema.
Nonostante questo, come dicevo, molti colleghi psicoterapeuti tentano, in buona fede, di offrire la psicoterapia di coppia. E sottolineo in buona fede, perché personalmente non ho mai incontrato un collega “cattivo”, che voglia compiere il male o che voglia approfittarsi degli altri.
In buona fede perché durante il percorso di studi hanno, come dicevo, acquisito delle nozioni teoriche, che poi scambiano per capacità pratiche. Ma questa illusione, inevitabilmente, scompare dopo un certo numero di fallimenti terapeutici.
La terapia di coppia, invece, per essere correttamente praticata richiede un lungo periodo di studio specifico, un altrettanto lungo periodo di pratica, durante il quale essere regolarmente supervisionati dai colleghi più esperti.
Devo sottolineare, poi, che ad oggi (giugno 2023) non esiste in Italia una scuola di specializzazione in psicoterapia, dedicata interamente e unicamente alla psicoterapia di coppia.
La conseguenza è che in Italia, dopo la aver conseguito il titolo di psicoterapeuta, a mio parere è assolutamente necessario che lo psicologo che voglia offrire psicoterapia di coppia, si formi ulteriormente e autonomamente (e a proprie spese) seguendo uno dei percorsi di formazione in Psicoterapia di Coppia Basata sull’Evidenza cui ho fatto riferimento.
In Italia la necessaria formazione come psicoterapeuta di coppia, è, dunque, lasciata alla buona volontà e al senso di responsabilità del singolo psicologo psicoterapeuta.
Appello ai colleghi
A questo punto mi rivolgo ai colleghi psicologi psicoterapeuti che, pur non essendo specificamente formati allo scopo, praticano la psicoterapia di coppia in buona fede.
E mi rivolgo anche agli “psicologi non-psicoterapeuti”, gli psicologi che dopo la laurea non si sono specializzati in psicoterapia per scelta o per necessità o perché non hanno ancora avuto il tempo di farlo.
Ed infine mi rivolgo, speranzoso di essere ascoltato, anche alla pletora di specialisti appartenenti alle altre branche professionali limitrofe: i counsellor, i mental coach, i life coach, i mental trainer, gli operatori olistici, e così via.
A tutti questi, è rivolto il mio invito a non praticare interventi con le coppie volti a migliorarne la relazione o a risolverne i conflitti. Il mio appello è di non praticare a meno di essere specificamente formati nella psicoterapia di coppia: questo è uno setting più difficili (e frustranti se non si è preparati). E, soprattutto, i danni potenziali di un intervento inadeguato sono enormi, anche superiori a quelli che si possono arrecare in un percorso di psicoterapia individuale, perché nella coppia che si lascia le conseguenze possono coinvolgere un gran numero di persone: i figli (se ci sono), i genitori dei partner, i familiari, gli amici e, naturalmente, i partner stessi.
Una separazione, specie se conflittuale o basata su motivi non elaborati, è una “bomba atomica emotiva” che contamina per anni l’equilibrio emotivo delle persone coinvolte. È un “buco nero” che risucchia un’enorme quantità di energie psichiche e materiali. È un trauma che ferisce e lascia doloranti per anni. È una ferita aperta che può innescare numerose forme di sofferenza psichica: attacchi di panico, crisi d’ansia, condizioni depressive, disturbi del comportamento alimentare, dipendenze da sostanze, e così via.
Meglio minimizzare il rischio di fare simili danni.
Appelli agli utenti della psicoterapia di coppia
Per concludere credo che sia ovvia e prevedibile la raccomandazione che rivolgo ai “pazienti”, agli utenti finali: informatevi prima di intraprendere un percorso di psicoterapia di coppia.
Nell’articolo su come scegliere uno psicoterapeuta, fornisco delle indicazioni generali valide per ogni tipo di psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo) ed indico le informazioni che è fondamentale approfondire e le domande che è importante porre al professionista per effettuare una scelta oculata e responsabile.
Al di là di quanto riportato nell’articolo citato, intendo ora indicare le specifiche domande da porre al “candidato-psicoterapeuta di coppia”:
- “Ha effettuato una formazione specifica nella pratica della psicoterapia di coppia? E se sì, quale?”.
Il professionista che non ha nulla da nascondere sarà più che lieto di rispondere ad una domanda così specifica.
- “L’approccio di psicoterapia di coppia che segue è sostenuto dalla ricerca?”. O se si vuole fare la parte del “secchione” o del “nerd” della psicoterapia (sì, esistono anche di questo tipo): “Il suo approccio di psicoterapia di coppia è una Pratica Basata sull’Evidenza?”.
Esistono tantissime forme di intervento con le coppie, ma solo alcune hanno superato la prova della osservazione sistematica.
- “Quanto è durato il suo percorso di formazione nella psicoterapia di coppia?”.
Un percorso completo e davvero formativo dura anni, tra corsi, pratica sul campo e attività di supervisione. Non è sufficiente aver seguito un workshop di un fine settimana sull’argomento.
- “Quante coppie ha seguito (all’incirca)?”.
Se il professionista ha seguito solo un paio di coppie, consiglierei, a meno che la problematica non sia leggera, di cercare un terapeuta di maggiore esperienza.
- “Quante coppie ha in terapia al momento?”.
Questo dato ci dice in che misura il terapeuta è impegnato nella psicoterapia di coppia. In genere, un terapeuta che offre “davvero” psicoterapia di coppia, dedica a questa pratica almeno un quarto del suo tempo professionale.
Ulteriore appello: se avete incontrato uno psicoterapeuta di coppia preparato, che vi ha aiutato a diradare le nubi che prima oscuravano l’amore all’interno della vostra coppia, non tenete la cosa per voi, ma parlatene, infrangete l’omertà e lo stigma. In altre parole, consigliate questa esperienza ai vostri amici e ai vostri familiari senza tema di esagerare: secondo me tutte le coppie trarrebbero un gran vantaggio dal farlo almeno una volta nella loro vita.
Ed infine, ultimo appello: se la vostra coppia è in sofferenza, intervenite subito. Più tempo si lascerà passare dall’inizio della crisi e più le dinamiche di coppia si faranno rigide e difficili da sciogliere, la sfiducia si radicherà, gli atti d’amore tenderanno a scomparire, mentre progressivamente si stabilirà un costante clima di ostilità che, alla lunga, sfiancherà anche i partner che inizialmente erano più innamorati.